Sisma Bonus in caso di demolizione e ricostruzione: facciamo chiarezza

Nella moltitudine di interpretazioni a cui è soggetta la normativa sul sisma bonus, in un precedente articolo “Sisma Bonus in caso di demolizione e ricostruzione”, avevo cercato di chiarire se fosse possibile o meno estendere il  beneficio fiscale per interventi di messa in sicurezza antisismica anche agli interventi di demolizione e ricostruzione.

Nell’articolo, in particolare, poiché il Sisma Bonus è un’estensione del meccanismo della detrazione fiscale previsto per gli interventi di ristrutturazione edilizia, sostenevo la possibilità di applicare il beneficio anche agli interventi di demolizione e ricostruzione purché questi ultimi si configurassero come ristrutturazione edilizia e non come nuova costruzione.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

In realtà sono stato smentito da un’interpretazione fornita dalla DRE Emilia-Romagna dell’Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpello protocollo numero 909-345/2017.

L’Agenzia ha rilevato che nel caso specifico di un intervento di ristrutturazione di un fabbricato in zona sismica 2 con demolizione e ricostruzione l’agevolazione fiscale del Sisma Bonus non spetterebbe in quanto

la formulazione letterale della norma in esame porta a ritenere che gli interventi agevolati debbano riguardare il consolidamento dell’edificio esistente e non la costruzione di un edificio che, in ogni caso, deve rispondere a determinati standard, anche di sicurezza sismica, sia che si tratti della ricostruzione di un edificio esistente, sia che si tratti di una nuova costruzione

L’Agenzia delle Entrate ha quindi stabilito che gli interventi che danno diritto alla detrazione Irpef sulle spese per il recupero edilizio agli edifici finalizzati all’adozione di misure antisismiche (art. 16-bis, comma 1, lettera i, Tuir) non spettano in caso di demolizione e ricostruzione dell’edificio preesistente ma solo intervenendo sul consolidamento dell’edificio esistente.

Ma non si parlava di prevenzione?

L’interpretazione fornita tuttavia solleva alcuni dubbi.

In primo luogo si pone in forte contrasto con il principio di prevenzione che è alla base della normativa.

Gli obiettivi dichiarati del Sisma Bonus  sono, infatti,  quelli di intervenire su un patrimonio edilizio caratterizzato da un’elevata vulnerabilità (circa 9.000.000 di edifici residenziali precedenti al 1974 anno della prima legge antisismica n° 64 del 2 febbraio 1974) e ridurre le enormi spese che ci troviamo ad affrontare ad ogni stato di emergenza successivo ad un evento sismico (una stima ANCE – Cresme  del 2012 segnala che lo Stato ha speso 181 miliardi di euro per danni da terremoti dal 1944 al 2012, a cui vanno aggiunti i 24 (?) miliardi per il sisma del Centro Italia, pari ad un costo medio annuo di 2,8 miliardi di euro).

 

Ulteriori approfondimenti potete trovarli nel mio libro “Classificazione della vulnerabilità sismica e sismabonus” pubblicato da Maggioli.

In questo contesto è evidente come la  demolizione e ricostruzione rappresenti  in molti casi l’intervento migliore (ovviamente non per edifici con  una valenza storica, architettonica o culturale) sia dal punto di vista prettamente economico che in termini di sicurezza. Escludere questa categoria dal beneficio fiscale potrebbe spingere verso l’adozione di misure antisismiche volte al solo miglioramento considerando che le misure di adeguamento sismico per loro natura spesso non sono convenienti in termini di rapporto costi/benefici.

Se da un lato gli interventi di miglioramento sismico possono sicuramente determinare una riduzione della vulnerabilità del patrimonio edilizio esistente dall’altro difficilmente potranno intaccare le spese sostenute per lo stato di emergenza.

Ad esempio consideriamo il caso di un fabbricato in cui le verifiche sismiche effettuate suggeriscano un intervento di demolizione e ricostruzione. Il proprietario che vuole investire sull’abitazione usufruendo del Sisma Bonus, fatti due conti sulla propria capienza IRPEF, quasi sicuramente opterà per interventi di miglioramento sismico. A seguito di un evento sismico quella stessa abitazione (scongiurato comunque il pericolo di crollo grazie agli interventi eseguiti) presenterà un quadro fessurativo più o meno grave e questo significa che lo Stato dovrà comunque spendere su quel fabbricato sia per la riparazione e sia per il sostentamento del proprietario e del suo nucleo familiare. Denaro che sarebbe stato risparmiato se il proprietario fosse stato incentivato a monte ad investire (con soldi suoi) sul reale adeguamento sismico della struttura con un intervento di demolizione e ricostruzione.

A mio avviso escludere dal beneficio fiscale gli interventi di demolizione e ricostruzione è un grande errore figlio di una politica tutta italiana del“Risparmiare 1 euro oggi per spenderne 10 domani”  fatta da grandi proclami e da pochi risultati.

La manovrina

L’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, inoltre, contrasta in maniera evidente con un emendamento alla cosiddetta Manovrina (Decreto Legge n° 50 del 24 aprile 2017):

“la detrazione del 85% del prezzo per chi compra dal costruttore case antisismiche nelle aree a rischio 1 si applica anche alle abitazioni derivanti da interventi di demolizione e ricostruzione di vecchi edifici”

L’unico aspetto positivo è che l’Agenzia delle Entrate ha finalmente sollevato il problema della demolizione e ricostruzione (oggetto di sole interpretazioni fino a oggi) ed a questo punto non potranno non arrivare ulteriori aggiornamenti che potranno chiarire i nostri dubbi.